La volta scorsa abbiamo parlato del perché si viaggia (qui l’articolo), oggi cerchiamo invece di analizzare e capire perché sia meglio viaggiare da soli.
Partiamo dal presupposto che io adoro viaggiare in solitaria.
Per me è il metodo migliore per integrarsi in un nuovo luogo e soprattutto per conoscersi a fondo. Per la maggior parte delle persone che conosco, questo concetto è difficile da comprendere.
Siamo tutti abituati ad avere persone care vicine a noi. E a condividere la nostra vita con loro. Distratti a soddisfare l’esigenze altrui, gli impegni mondani e le futili attività che occupano le nostre giornate ci dimentichiamo di ascoltarci.
In un viaggio in solitaria, tutto questo cambia.
Non ci sono più impegni, non ci sono più distrazioni, si è soli e ci si DEVE ascoltare. Le uniche esigenze diventano quelle personali, diventiamo il nucleo delle nostre attenzioni.
E quindi il viaggio in solitaria diventa un percorso introspettivo, un percorso interiore più che esteriore.
Viaggiare da soli ha moltissimi vantaggi. Siamo solo noi a decidere le nostre giornate. Possiamo cambiare idea da un momento all’altro senza rendere conto a nessuno. Non siamo soggette agli orari degli altri. Ci svegliamo e andiamo a letto quando ci pare, seguiamo solo i nostri ritmi.
L’unica cosa da fare è superare le paure pre-partenza e non farti condizionare dalle opinioni altrui. A meno che tu non abbia intenzione di stare nella savana, non ci sono grossi pericoli da affrontare. Quella vocina interiore si manifesta solo quando usciamo dalla zona di comfort. Una volta provata l’ebbrezza, sentirai la necessità di farlo di nuovo. Da soli forse all’inizio è tutto più difficile ma il senso di sopravvivenza ci spinge ad aprirci agli altri molto di più di quanto non potremmo farlo se viaggiamo con un amico che diventa il nostro microcosmo. Siamo da soli? Volenti o nolenti dobbiamo fare amicizia con qualcuno.
Il problema di fondo è che si ha paura della solitudine, che troppo spesso si proiettano i propri bisogni e le necessità su altre persone, come se da soli non fossimo in grado di sbrigarcela. La solitudine non piace a nessuno, neanche ai viaggiatori esperti, però credo sia una processo fondamentale nella vita di un uomo. Quando si accetta la solitudine e s’impara ad apprezzarla e sfruttarla, la vita ci trasforma e ci rende persone migliori.
Quando si è soli si può fare solo affidamento su se stessi e sulle proprie forze e soprattutto, si deve imparare ad amarsi e ad accettarsi. Viaggiare in solitaria è una sfida che non tutti sono capaci di affrontare, perché spaventa. Perché si ha paura di stare da soli, e di conoscere dei limiti e dei lati del proprio carattere che non ci piacciono o che abbiamo abilmente nascosto per tanto tempo.
Parlando con diversi amici dei miei viaggi in solitaria spesso mi domandavano di un “appuntamento” in particolare della vita quotidiana: la cena. Dopo aver passato la giornata inseguendo il mondo, preso da tutta quella voglia di scoprire, di guardare e di fotografare, con l’arrivo della sera ti renderai conto che esisti solo tu, se per tutto il giorno ti sei fatto domande su dove andare e come arrivarci, ecco che ora ti trovi a chiederti “di cosa ho voglia?” e “di cosa ho bisogno?”. Ed è forse proprio per questo che cenare da soli ci spaventa così tanto, un conto è passare un’intera giornata concentrandoci sul mondo, su cos’ha da offrirci, su come raggiungere i suoi angoli più affascinanti, discorso diverso è passare la cena con nient’altro a cui pensare dei propri bisogni e delle proprie voglie. La mia classica soluzione (se non avevo compagni incontrati lungo il viaggio) è sempre stata quella di portarmi un libro. Una compagnia perfetta per un grandissimo momento di relax e vi dico subito che non è strano, vi assicuro che è una cosa normalissima che fanno milioni di backpackers!
“Viaggiare da soli aiuta le persone ad aumentare la sensazione di avere maggiore controllo sulle proprie vite e sulle proprie azioni. Non solo. Viaggiare da soli stimola anche la riflessione e aiuta nella scoperta di sé” sostiene la professoressa Constanza Bianchi della Queensland University of Technology. Lo studio ha confermato i vantaggi, anche psicologici, di questo tipo di vacanza. “È il modo migliore per lavorare su se stessi”, continua la professoressa Bianchi.
La ricerca, pubblicata dalla rivista “International Journal of Travel and Tourism Research”, è stata condotta su un campione di 24 partecipanti appena tornati da una vacanza solitaria durata, in media, nove giorni. La maggior parte delle persone intervistate ha scelto di viaggiare senza alcun familiare né amico o compagno, e tutti, al ritorno, si sono detti soddisfatti.
Credo esistano sostanzialmente 2 tipi di viaggiatori solitari, quelli che amano socializzare e conoscere più gente possibile e quelli che la solitudine la cercano. Come in ogni cosa non c’è una versione sbagliata, si tratta di due esperienze simili ma comunque diverse. Seguire i propri ritmi senza doversi adattare a quelli di qualcun altro, riscoprire una nuova sensazione di libertà, godersi il pieno relax senza l’ansia di dover pianificare uno spostamento di gruppo, aprirsi a nuove esperienza, conoscere nuove persone e scegliere da soli cosa fare e cosa non fare.
Alla fine, per tutti l’importante è il viaggio, non la meta.