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Islanda: storia e leggende Una storia affascinante dominata dai Vichinghi

di Alessandro

È iniziato il conto alla rovescia.
Manca davvero poco prima di poter esplorare (e godersi) l’Islanda in un viaggio On The Road.

Il percorso è stato definito ormai.
Non che io ami questa tipologia di cosa, ma bisogna scendere a compromessi nel periodo estivo di alta stagione e soprattutto quando ancora il Covid, con le sue innumerevoli varianti, non la smette di tormentarci e farci stare all’erta.

Ma bando alle ciance, iniziamo a capire l’Islanda dalla sua storia e le sue leggende.

PERCHÉ PROPRIO L’ISLANDA

Una domanda che mi è stata fatta diverse volte.
“Ma ti sposi, vai in viaggio di nozze e tra tutti i posti, proprio in Islanda?”
Come prima risposta, rimetto in mezzo il Covid. Non è che si possa andare dove si vuole…ancora.
“Ok, ma aspetta, rimanda e poi vai dove vuoi.”
Non ce la faccio. Mi sto “viaggiando sotto”. Ho bisogno di vedere posti nuovi, facce nuove, fare nuove esperienze, SCOPRIRE E NAVIGARE IL MONDO.

L’Islanda è sempre stata nella mia testa. Un posto così lontano, ai margini del mondo dove la destinazione è 100% natura, dove vieni trasportato in un universo minerale dove regnano sovrani vulcani e ghiacciai. Crateri, fumarole, zolfo, pozze ribollenti, vulcani, campi di lava e sorgenti termali.

E perché ti sentirai unico al mondo. È un Paese scarsamente popolato (366.700 abitanti) con regioni completamente selvagge, l’Islanda è uno dei rari posti in Europa dove puoi camminare per un’intera giornata senza incontrare nessuno, un raro lusso che si assapora con magnifiche escursioni nel cuore della natura islandese.

“Ah, ok.”

LA STORIA DELL’ISLANDA

Si pensa che uno dei primi a mettere piede in territorio islandese fu l’esploratore greco Pitea, il quale, nelle sue cronache del 330 a.C., menzionò un’isola che si trovava a sei giorni di navigazione a nord della Gran Bretagna, conosciuta con il nome di Tule.

Dopo un silenzio di circa un millennio, nel 700 d.C. troviamo una seconda testimonianza sull’Islanda, scritta da un gruppo di monaci irlandesi che fuggivano dai vichinghi insediatisi in Gran Bretagna.
Tuttavia, questi piccoli gruppi di monaci e sacerdoti non rimasero a lungo nel paese, poiché nel IX secolo d.C. approdò nelle coste islandesi proprio il popolo da cui cercavano di fuggire: i vichinghi.

L’ARRIVO DEI VICHINGHI

Fu proprio alla fine del IX secolo d.C., che i primi coloni scandinavi cominciarono ad approdare nelle coste islandesi, seppur per caso, poiché l’Islanda non rientrava nelle loro rotte di navigazione.

Sebbene inizialmente l’isola venne battezzata come Snaeland, ovvero la Terra della Neve, fu il vichingo Flóki Vilgerdarson ad attribuire al paese il suo nome attuale: Ísland, Terra di Ghiaccio. Tuttavia, nonostante la rilevanza storica di questi primi coloni, fu solo con l’arrivo di Ingólfur Arnarson, nel 871, che nacquero i primi insediamenti umani in Islanda. Infatti, tre anni più tardi, lo stesso Arnarson, con l’aiuto del fratello Hjörleifur, raggiunse la costa sud-ovest dell’Islanda e fondò la località di Reykjavík, ovvero “baia fumosa”. L’origine di questo curioso nome non ha nulla a che vedere con la mitologia, poiché vanta un carattere prettamente descrittivo: al loro arrivo, infatti, i fratelli rimasero sorpresi dal vapore delle acque geotermali che caratterizzano Reykjavík e l’Islanda in generale.

LA NASCITA DELL’ISLANDA

Verso l’anno 1000, la popolazione islandese era divisa fra la fazione pagana e la fazione cristiana, divisione che portò l’Alþingi (il Parlamento islandese) a dibattere sulla credenza da adottare in Islanda. Dopo una lunga riflessione, il presidente dell’epoca annunciò la conversione dell’Islanda al cristianesimo (sebbene i pagani potessero continuare ad osservare il proprio culto in privato), decisione che favorì la nascita di un’identità nazionale e l’unione della popolazione locale.

Agli inizi del XIII secolo ebbe inizio un’epoca conosciuta come Era Sturlung, così chiamata in onore della famiglia islandese più facoltosa dell’epoca. In questi anni, gli scontri fra milizie private e i saccheggi di fattorie e villaggi erano molto frequenti, situazione che favorì un certo scompiglio in tutto il paese.

Di fronte al caos dell’epoca, il re Hákon Hákonarson di Norvegia decise di cogliere l’occasione per conquistare il paese, impresa che portò a termine nel 1281.

Quasi un secolo dopo, nel 1397, l’Islanda entrò a far parte del Regno di Danimarca, dominazione che durò fino agli inizi del XX secolo.

Fu solo nel XIX secolo che cominciò a diffondersi un forte sentimento nazionalista nella popolazione islandese. Il principale protagonista in questo senso fu Jón Sigurðsson, artefice di una costituzione redatta nel 1874 che prevedeva il recupero da parte dell’Islanda del controllo su diverse questioni interne.

Tuttavia, la strada verso l’indipendenza definitiva non fu semplice poiché l’Islanda si trovò a vivere una nuova crisi economica e demografia a causa dell’emigrazione di massa di lavoratori in cerca di fortuna.

Sebbene possa sembrare contraddittorio, lo scoppio della Primera Guerra Mondiale nel 1914 favorì la prosperità dell’Islanda grazie all’esportazione di carne, pesce e prodotti tipici come la lana. Non a caso, nel 1918 l’Islanda riuscì finalmente ad ottenere l’indipendenza dal Regno di Danimarca.

Il percorso verso l’indipendenza culminò qualche decennio più tardi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’incalzante richiesta di completa indipendenza da parte degli islandesi. L’indipendenza definitiva arrivò il 17 giugno 1944 con la proclamazione della Repubblica islandese, data che tutt’oggi rappresenta la festività più importante del paese.

AFFASCINANTI LEGGENDE PER SCOPRIRE MEGLIO L’ISOLA

Naddoddr ed il suo bis-bis-nipote dall’Islanda all’America

Il Landnámabók (un manoscritto anonimo medievale islandese che descrive in dettaglio la colonizzazione dell’Islanda da parte dei Vichinghi nel IX e nel X secolo. Esso è una delle prime opere della letteratura islandese) afferma che il primo colono a mettere piede sul suolo islandese fu un vichingo di nome Naddoddr, il quale salpò dalla Norvegia verso le Fær Øer, ma si perse ritrovandosi sulla costa orientale dell’Islanda. Naddoddr sbarcò presso la costa meridionale del Reyðarfjörður, in prossimità del monte Reyðarfjall. Non sapendo in quale luogo si trovasse, scalò la montagna per vedere se vi fossero colonne di fumo che indicassero la presenza di un villaggio ma non ne vide nessuna. Nell’autunno dello stesso anno decise pertanto di proseguire il proprio viaggio verso le Fær Øer, ma tornato alla nave vide cadere molta neve sulle montagne circostanti, così chiamò quella terra Snæland (“Terra della neve”). Si pensa anche che sia stato il primo nordico a viaggiare in America settentrionale, circa 150 anni prima di Leifur Heppni (Leif il Fortunato), suo bis-bis-nipote.

Si ritiene che Leif sia nato intorno al 970, secondogenito di Erik il Rosso (Eiríkr Rauði), un norvegese, figlio di Thorvald Asvaldsson, pro-nipote di Naddoddr, lo scopritore dell’Islanda. Una delle saghe, La saga dei groenlandesi, narra che Leif cominciò a prepararsi circa nel 1000 per seguire a ritroso la rotta di Bjarni. Il primo suolo che incontrò era ricoperto da lastroni piatti di roccia (norvegese antico: hellr), così lui lo chiamò Helluland (terra delle pietre piatte), che presumibilmente è l’odierna Isola Baffin. Di lì arrivò presso una terra piatta e boscosa, con spiagge bianche, che chiamò Markland (terra dei boschi), che si ritiene sia il Labrador. Quando tornarono nuovamente in quella terra, Leif e i suoi uomini sbarcarono e costruirono case. Essi trovarono quella terra confortevole: i fiumi erano pieni di salmoni e il clima era temperato, con rare gelate d’inverno e l’erba che rimaneva verde. Rimasero lì per tutto l’inverno. Secondo la saga uno degli uomini di Leif, Tyrkir, un guerriero germanico, scoprì l’uva: per questo, Leif nominò quella regione Vinland. Quantunque non si conosca l’esatta ubicazione di Vinland, si ritiene che essa sia in un punto indefinito fra Terranova e la Virginia.

Vegvísir, il Segnavia Runico

Il Vegvísir è un talismano scandinavo di protezione conosciuto come compasso runico o bussola runica e ritrovato nel testo noto come Manoscritto di Huld (Í. Bmf. 383 4to), un antico grimorio islandese scritto da Geir Vigfússyni á Akureyri nel 1860 unendo tre testi precedenti.
Sul volume è riportato questo testo insieme al simbolo:

«Beri maður stafi þessa á sér villist maður ekki í hríðum né vondu veðri þó ókunnugur sá»

 

«Se qualcuno porta con sé questo simbolo, non perderà mai la propria strada nella tempesta o nel cattivo tempo, anche se percorre una strada a lui sconosciuta»

La parola deriva dal norreno e significa “segnavia“: Veg deriva da “Vegur” che significa “strada”, “sentiero” e “Vísir” significa “indicazione”, “guida”.

Flóki e…Vikings
(ATTENZIONE CONTIENE SPOILER SULLA SERIE TV VIKINGS)

Hrafna-Flóki Vilgerðarson fu il primo a raggiungere volontariamente l’Islanda. La sua storia è documentata nel manoscritto Landnámabók.
Nell’anno 868, Floki partì alla ricerca della terra trovata a settentrione. Volle andare ad abitarvi, e per questo prese con sé la propria famiglia e il bestiame. Salpò dal Vestlandet verso le isole Shetland, dove si dice sia affogata la figlia. Proseguì il viaggio attraccando nelle isole Fær Øer dove una delle figlie si sposò. Qui prese tre corvi affinché lo aiutassero a trovare l’Islanda; per questo fu soprannominato Corvo-Floki (in lingua norrena e islandese Hrafna-Flóki).

Dopo un po’ che erano partiti dalle Far-Oer, Floki liberò uno alla volta i corvi. Il primo corvo tornò alle Far-Oer, il secondo salì in aria e poi tornò a bordo, ma il terzo si diresse a nord-ovest senza più fare ritorno. Floki ora sapeva che erano vicini a terra, per cui seguì il terzo corvo.

Floki installò un campo invernale nel Vatnsfjörður presso Barðaströnd. Le acque del fiordo erano talmente ricche di pesce che Floki e i suoi uomini non si preoccuparono di raccogliere fieno durante l’estate, pertanto durante il successivo rigido inverno, tutto il loro bestiame morì. Nell’attesa della primavera Floki scalò le più alte montagne che sovrastavano il suo campo, che si crede siano le Nónfell. Da lassù scorse un grande fiordo, Ísafjörður, allora ricoperto di ghiaccio alla deriva. Per questo motivo diede a quella terra il nome di Ísland (Terra del ghiaccio).

Floki, un personaggio interpretato dall’attore svedese Gustaf Skarsgård in Vikings, serie televisiva di History Canada, è liberamente tratto da Hrafna-Flóki Vilgerðarson. In Vikings, per gran parte delle stagioni, Floki ci viene presentato come un folle instabile ma dotato di un talento invidiabile nell’ingegneria navale.  Tuttavia Floki non è ricordato nella storia per questo. Viene rammentato come un grande avventuriero e colonizzatore. Dopo la morte di Ragnar, il cuore di Floki non riesce a reggere anche quella di sua moglie Helga, portando il nostro amico a una decisione definitiva: abbandonare il suo popolo salpando verso mete ignote, guidato solo dal mare e il vento. E così parte e dopo giorni di navigazione in cui più volte ha creduto di morire, la sua nave approda su un’isola disabitata e misteriosa.

Asbyrgi

Soprannominato il “rifugio degli dei”, Asbyrgi è un canyon a nord dell’isola. Le rocce che lo delimitano sono alte circa 10 metri e hanno una forma molto particolare, simile a un immenso ferro di cavallo. Da qui nasce la leggenda sulla sua creazione: si racconta che a formarlo fu uno degli otto zoccoli del cavallo di Odino, conosciuto come Sleipnir, “colui che scivola veloce”. Un altro mito racconta invece perché Asbyrgi sia chiamato il “rifugio degli dei”: quando il popolo islandese tradì gli dei, gettando gli oggetti sacri nella cascata di Godafoss, questi decisero di non abbandonare del tutto l’isola ma si rifugiarono nel canyon protetto per continuare a vegliare.

Reynisdrangar

Spostandosi dalla terra all’oceano, al largo della costa meridionale dell’isola si trovano i Reynisdrangar, tre maestosi faraglioni di rocca vulcanica. Imponenti, frastagliati e neri come il carbone, queste rocce si affacciano sulla famosa Spiaggia Nera. Secondo la leggenda, i Reynisdrangar sono tre trolls trasformati in pietra dalla luce del giorno mentre tentavano di attraccare con la loro nave.

Skógafoss

Larga 25 metri e con un tuffo di 60 metri, la cascata Skógafoss è un’altra meraviglia dell’isola avvolta nel mistero. Si narra che Thrasi, il primo navigatore vichingo ad approdare nella zona, nascose il suo forziere proprio dietro la cascata. In molti tentarono di trovarlo senza successo; solo un ragazzo riuscì ad avvicinarsi al tesoro, legò una corda a uno degli anelli laterali ma tirò con troppa forza e il forziere affondò. Gli rimase solo l’anello d’argento con incisioni runiche, oggi custodito nel museo della vicina Skógar. Da quel momento, nessuno ebbe più il coraggio di sfidare la potenza di Skógafoss.

Gli Elfi, figli di Adamo ed Eva

Che gli islandesi siano profondamente legati al paganesimo nordico e agli antichi Dei nòrreni è abbastanza risaputo così come la storia ci insegna che prima dell’avvento del Cristianesimo la popolazione praticava la religione Asatrù. Ci sono però molte credenze, antiche e radicate nel territorio a cui il popolo islandese crede ancora fortemente, tra queste quella riguardo all’esistenza degli elfi: il popolo nascosto che dimora all’ombra dei campi di lava o nelle fessure delle rocce.

Nell’angolo più remoto del giardino di ogni casa islandese che si rispetti, ecco comparire tre casette di legno vicine l’una all’altra. Sono le abitazioni degli elfi, il popolo invisibile. Narra la leggenda che gli elfi fossero anch’essi figli di Eva, madre di tutti gli uomini.
Un giorno Dio annunciò ad Eva che sarebbe andato a cena da lei, per conoscere tutti i suoi figli. Eva, come ogni madre, iniziò a lavare e preparare i figli per l’evento, ma, poiché erano tanti, non riuscì a fare il bagno a tre. Per non mostrarli in disordine davanti a Dio, li nascose nell’armadio. Durante la cena Dio chiese a Eva se quelli che sedevano nella stanza erano tutti i suoi figli e la donna confermò. Allora Dio che è onnisciente continuò: “ciò che è nascosto a Dio, sarà nascosto per sempre anche agli uomini!” Eva corse disperata all’armadio, ma lo trovò vuoto.

Dio aveva reso invisibili i tre bimbi agli occhi degli uomini. Solo chi ha cuore puro può vederli. Gli uomini chiamarono queste creature invisibili álfar, elfi.

E che non vi venga in mente mai di andare in Islanda e di lanciare una pietra verso l’orizzonte perché potreste colpire accidentalmente un elfo…

Fonti: Wkipedia

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