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Islanda On The Road: giorno cinque/sei – Húsavík e Mývatn La cascata degli Dei, la deliziosa Húsavík ed il luogo dove la terra è “viva”

di Alessandro
Tempo di lettura: 3 minuti

Siamo arrivati al giro di boa di questo meraviglioso On The Road in Islanda, ma gli ultimi due giorni sono stati qualcosa di strepitoso.
Il Nord dell’Islanda ha un paesaggio che cambia chilometro dopo chilometro ponendoti in maniera quasi docile e senza spiattellartela subito, una sorpresa dietro l’altra.

Ma partiamo dal principio.
Eravamo rimasti a Dalvik dopo esser andati per una giornata sull’isola più a nord dell’Islanda (qui il link).
Di buona mattina ci siamo diretti ad Akureyri (la “metropoli” con i suoi 18.000 abitanti) per far controllare la macchina; avevamo avuto un problema di spie sul cruscottto e dato che dovevamo fare altri 1.500 chilometri abbiamo chiamato il servizio di noleggio per poterci capire qualcosa in più: ci hanno mandati al loro ufficio e con nonchalance ci hanno rimesso in macchina dicendoci che era normale e che avevamo altri 3.000 chilometri davanti prima che ci cascasse a pezzi la macchina. Un’ottima notizia direi, ad oggi tutto bene, vi aggiorno se rimaniamo a piedi.

Lasciata Akureyri e la sua “frenetica vita” ci siamo messi in marcia sulla strada 1, attraversando l’unico punto (appena fuori città) in cui abbiamo pagato una strada in Islanda. Si tratta di un tunnel lungo circa 5/6 chilometri (per la modica cifra di 10 euro circa) in cui si passa da un fiordo all’altro.

Di base è stato uno dei pochissimi punti in cui non abbiamo visto il mare e ci siamo per un po’ inoltrati nell’entroterra islandese. Avevamo un solo obiettivo: raggiungere Goðafoss.
La cascata degli dei si trova di strada sulla 1 ed è uno spettacolo da restare a bocca aperta.
Le acque del fiume Skjálfandafljót cadono per circa 12 metri su una larghezza di ca.30 m.
La leggenda legata al nome della cascata Godafoss narra che nel 1000 d.C., l’oratore della legge Lagosumatur, di ritorno da Þingvellir dopo essersi convertito al cristianesimo, salì sul culmine della cascata e lasciò cadere tra i flutti gli idoli pagani.

Poiché da sempre il popolo islandese è tollerante in materia di religione, egli lasciò che ogni membro della sua tribù scegliesse se seguirlo o rimanere legato alle antiche credenze.

Ancora oggi gli Asatruar, cioè il 5% della popolazione che ha mantenuto nei secoli la religione pagana, si ritrovano presso la cascata in occasione del solstizio d’estate per celebrare la festa della luce ed eseguono il rito contrario a quello dell’oratore: dal basso della cascata lanciano in alto gli idoli quasi a volerli ripristinare al loro posto.

Lasciata con molta fatica Goðafoss (perché vi posso assicurare, è uno spettacolo da guardare per ore e ore), siamo risaliti verso il fiordo in direzione di Húsavík.
L’arrivo al piccolissimo paese di pescatori è stata una sorpresa (anche se ce ne eravamo innamorati nel film “Eurovision Song Contest: The Fire Saga” che se non avete ancora visto, ve lo straconsiglio).
Affacciata sulla baia di Skjálfandi, Húsavík è una ridente cittadina di 1.200 abitanti, con le tipiche case dai colori vicaci.
Su di esse spiccano due edifici, un tempo abitazione delle massime autorità, che per tradizione dovevano essere neri, in modo che fossero ben visibili ai marinai in mezzo al candore della neve invernale.

La mattina successiva ci siamo diretti verso la zona del lago Mývatn, lungo la Ring Road per poter contemplare uno dei paesaggi più particolare mai visti in tutta la vita.

Hverir è una delle zone geotermali più attive di tutta l’Islanda.
Conosciuta anche come Hverarönd, la regione è famosa per il colore ocra dei suoi paesaggi e, principalmente, per le numerose fumarole e le pozze di fango bollente che si distribuiscono lungo tutta la sua superficie.

Nonostante l’intenso odore di zolfo, la curiosa attività geotermale della zona invita i visitatori (e ne erano davvero tanti) a percorrere i sentieri della regione e ammirare le meraviglie che ci riserva il sottosuolo terrestre.
A causa delle altissime temperature del sottosuolo di Hvrer, è fondamentale seguire i sentieri delimitati, sia per preservare questo gioiello del Lago Mývatn, sia per evitare eventuali scottature con il vapore delle fumarole o i pantani bollenti.

Arrivati al parcheggio davanti la zona geotermica, dopo un rapido giro tra le fumarole, abbiamo deciso di fare un percorso attorno il Namfjall: sono circa due chilometri e mezzo di trekking abbastanza “audace” poiché il sentiero che conduce alla vetta non era ben definito ed il terreno (prevalentemente vulcanico) era molto ripido ed insidioso. Ma ne è valsa ampiamente la pena: la vista che si gode dall’alto della valle è un qualcosa che rimane impresso a vita, i colori che variano dal blu del cielo, dall’ocra della terra e dal nero delle colate laviche stupisce ad ogni passo fatto. L’altopiano presente poi in vetta da modo di ammirare le fumarole con molta calma senza la folla di turisti attorno.

Domani cambieremo zona, si viaggerà verso l’Islanda orientale lasciandoci stupire da una zona che si presuppone essere davvero bella, ma devo ammettere che grazie a fiorenti cittadine, imponenti montagne, isole abitate e terre in via di formazione il nord dell’Islanda è un mondo a parte.
E indimenticabile.

KM PERCORSI: 160
ORE DI VIAGGIO: 4

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