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Road to South-East Asia – Part One

di Alessandro
Tempo di lettura: 3 minuti

Questa storia inizia così: “Ma sai che c’è? Io me ne vado due mesi in giro…”
Sembrerà strano, ma intanto permettetemi di presentarmi.

Mi chiamo Alessandro, ho 31 anni, vivo  a Roma, lavoro freelance come consulente informatico, non ho più la ragazza da qualche mese (relazione lunghissima per giunta), ho amici di cui fidarmi e altri meno, una bella famigliola…e mi sono un po’ rotto le palle.
Capita a molti di avere quei momenti in cui i giorni sembrano tutti uguali, ti senti pieno di noia, di quotidianità, ecco, quella sensazione io non la sopporto. Non l’ho mai sopportata. Ma in fondo vivo anche io sul pianeta terra, so che costruirsi un qualcosa a 30 anni è l’obiettivo di molti: un lavoro sicuro che permetta di vivere e magari togliersi qualche sfizio, una persona accanto e un tetto sotto cui vivere. In fondo non posso lamentarmi, mi sono inventato (uso “inventato” perché ho fatto Lettere all’università) un lavoro che mi da la possibilità di gestirmi per conto mio il tempo lavorativo, un tetto ce l’ho, la ragazza no.
E allora perché parto? Per avventura? Per scoprire qualcosa di nuovo? Per conoscere nuove culture? La risposta potrei non averla ancora, magari è sì a tutte o no a tutte. Ma tra un quesito amletico e l’altro, il biglietto l’ho fatto.

Il mio viaggio on the road passerà tra Vietnam, Cambogia, Thailandia e Malesia (chissà che non riesca a buttarci in mezzo qualcos’altro).
Ora viene la rivelazione che un buon viaggiatore non dovrebbe mai fare…non ho la minima idea di che giro fare. 
Ho dei punti fermi (che sono alcuni voli), ma per l’itineriario non ho ancora pianificato nulla (ndr parto il 29 novembre).
Onestamente ciò che mi spinge a partire è proprio la voglia di viaggiare. Da solo.

Fin qui tutto normale, e allora perché mi trovo a leggere questo blog direte voi?! Primo, non ve l’ho mai imposto (forse qualche pubblicità ingannevole di Facebook vi ha fregati…è il mio lavoro!). Secondo perché tramite questo sito ho voglia di raccontarvi quello che sarà il mio viaggio nel sudest asiatico per due mesi circa. Come vi ho già detto, dopo un passato in un liceo scientifico mi sono ritrovato a fare Lettere a La Sapienza di Roma. Semplicemente un incubo. Questo però ha fatto si che la voglia di scrivere e raccontare crescesse dentro di me più del previsto; dopo collaborazioni con i giornali universitari ho un po’ lasciato perdere questa passione. Mi sono buttato (non so ancora perché) sull’informatica e insieme ad un paio di amici abbiamo iniziato a lavorare sul web. E con ottimi risultati.
A questo punto la somma (passione della scrittura + informatica) è venuta da sé. Un bel blog! Andiamo ad intasare la rete con un altro bel blog, mi son detto.
In più c’era la voglia di viaggiare (ringrazierò per il resto della vita i miei genitori per avermi tramandato questa cosa). Grazie a loro ho girato molto (Stati Uniti, Australia, Cuba, Giamaica, Nuova Zelanda, Fiji…) e anche da solo qualche bel giretto l’ho fatto tra il Centro America, gran parte dell’Europa e…di nuovo l’Australia. Devo dedicare due parole a questo paese.

La prima volta che ho calcato la terra oceanica era il 2004 insieme alla mia famiglia, la sensazione che mi aveva lasciato quel posto fu così forte che due anni dopo decisi di ritornarci da solo con il ben noto Working Holiday Visa. Sei mesi intensi vissuti da solo in giro per quella terra mi hanno fatto apprezzare la bellezza di un viaggio zaino in spalla. Ogni ostello, ogni metro in autostop, ogni posto di lavoro che trovavo, ogni compagno di bevute era un nuovo accesso alla fonte della curiosità per tutte le persone di ogni razza, cultura ed età che incontravo. Fu questo che mi sconvolse in maniera incredibile.

Dal 2006 (Campioni del Mondo!!!) sono passati 9 anni. Ne avevo 22 quando feci quel viaggio. Fu anche quella volta la voglia di scappare dal quotidiano che mi spinse a farlo. Ora ne ho qualcuno in più di anni, ma la voglia di riassaporare il peso di uno zaino in spalla, quella di un tragitto non segnato e già deciso, quella di vedere luoghi a me sconosciuti, quella di incontrare popoli, razze e culture differenti non mi è passata.
 Ho ancora l’entusiasmo di un bambino di fronte al suo regalo la mattina di Natale. E se voi avrete la voglia di continuare a seguirmi condividerò molto di questo (non tutto – e mi capirete -) con voi.

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